TINA MONTINARO PER LA XXV EDIZIONE DEL PREMIO

Il 02 ottobre appuntamento con Tina Montinaro a Pescara
per la XXV Edizione del Premio nazionale Paolo Borsellino

Pescara
Officina del Gusto – ore 11
IPSSEOA “Filippo De Cecco”

Saluti
Alessandra Di Pietro
Dirigente Scolastica

Ospite
Tina Montinaro
Moglie di Antonio Montinaro
Presidente dell’Associazione Quarto Savona 15

Interviene
Alessandra Bucci
Questore Vicario di Pescara

Pietro Folena apre la XXV Edizione del Premio

La XXV edizione del Premio Borsellino apre il 18 ottobre con la presentazione del nuovo libro di Pietro Folena:Servirsi del Popolo. Origini, sviluppo, caratteri del nuovo populismo”

La rassegna, che va avanti in “presenza” e in “Streaming” fino al 30 ottobre, si alterneranno come sempre numerose personalità.

pietro-folena

Dal magistrato del “Poll” Leonardo Guarnotta con il suo libro“I miei anni nel bunker” al giornalista Lirio Abbate con “U siccu”, dal generale Angiolo PellegriniNoi, gli uomini di Falcone” a Gianfranco Carofiglio con “La misura del tempo” e tanti altri.

La scelta di inserire, tra gli eventi della XXV Edizione del Premio, la presentazione del libro di Pietro Folena, è uno strumento di sensibilizzazione per denunciare il pericolo dei nuovi fascismi che sono alla porta del nostro Paese.

Il populismo è una pericolosa tentazione per i principali partiti politici in tutto il mondo, ma in Europa potrebbe diventare la causa di uno tsunami totalitario. La propaganda populista, come scorciatoia per conquistare il potere e mobilitare le masse, è stata ed è tuttora un fenomeno storico ciclico che mette in pericolo la vera essenza della democrazia e dei valori ad essa collegati, come i diritti umani individuali e la tolleranza. La sua natura pericolosa può essere constatata riesaminando gli anni 20, 30 e 40 del secolo scorso, quando la grande depressione economica, iniziata nel 1929, ha preparato il terreno per il Fascismo e il Nazismo.

Lo sappiamo noi e lo sapete voi, l’incertezza genera paura e la paura conduce all’odio, specie quando le emozioni e i timori delle persone vengono manipolati. Sulla scia della crisi economica, cominciata nel 2008, l’Europa potrebbe subire questo fenomeno ciclico in misura maggiore rispetto a quanto avvenuto ai tempi della passata grande depressione.

Con ricerche approfondite, utilizzando un approccio storiografico che non sacrifica la chiarezza e l’immediatezza della lettura e sfruttando la sua grande esperienza di dirigente politico, Pietro Folena, indica chiaramente quali sono le radici e le traiettorie del successo dei movimenti e dei partiti populisti e sovranisti, portatori di istanze con cui le culture politiche democratiche dovranno fare i conti se vogliono sopravvivere all’ondata che rischia di travolgerle.

“Officina Legalità” Individualità e Testimonianze

Premio nazionale Paolo Borsellino / Anno 2020
Progetto: “Officina Legalità” – Individualità e Testimonianze

Il Premio Nazionale Paolo Borsellino, per l’Anno 2020, a seguito delle misure restrittive durante il periodo del lockdown, ha ritenuto opportuno adottare un nuovo strumento per continuare il percorso di “Educazione alla Legalità” attraverso il progetto “Officina Legalità” – Individualità e Testimonianze. (I / II Edizione)

Perché?
Perché il momento di sensibile cambiamento in cui ci siamo ritrovati ci ha fatto “guardare” le cose da un altro punto di vista e continuare quell’azione di Educazione alla cittadinanza attiva che il Premio Nazionale Paolo Borsellino porta avanti da 25 anni.
Officina Legalità, è un Progetto Didattico Web, nato nella primavera dell’anno 2020, fatto di interviste alle tante Individualità, impegnate quotidianamente contro il tentacolare mondo delle mafie, che in questi anni ci hanno onorato della loro presenza diretta e che, anche per questo anno in un modo diverso, hanno scelto di essere ancora una volta vicini al Premio Borsellino.

Il Premio, giunto alla sua XXV Edizione, attraverso Officina Legalità ha favorito lo sviluppo di una nuova modalità di comunicazione a favore di tutti gli studenti impegnati nei percorsi di Cittadinanza e Costituzione, utili per lo svolgimento degli esami di maturità.

I Edizione Officina Legalità

37 INTERVISTE:
Leonardo Guarnotta: Magistrato membro del Pool antimafia di Caponnetto, Falcone e Borsellino, Luigi Savina: Prefetto Vice Capo della Polizia di Stato, Presidente Emerito del Premio Nazionale Paolo Borsellino, Nicola Morra: Presidente della Commissione Parlamentare Antimafia, Vittorio Teresi: Procuratore Aggiunto di Palermo – collega dei Giudici Paolo Borsellino e Giovanni Falcone – Presidente del centro Studi “Paolo e Rita Borsellino”, Alessandra Dolci: Capo della Direzione Distrettuale Antimafia di Milano, Roberto Sparagna: Sostituto Procuratore alla DDA di Torino, Giacomo Ebner: Magistrato – Responsabile dei tavoli della legalità presso il Ministero dell’Istruzione, Tina Montinaro: moglie di Antonio Montinaro, Fabio Anselmo e Ilaria Cucchi, Floriana Bulfon: giornalista d’inchiesta de “L’Espresso” e “La Repubblica, passando per Giuseppe Baldassarre: scrittore e penna di “La Repubblica”, Claudio Cordova: fondatore e direttore del quotidiano online di Reggio Calabria “Il Dispaccio”, Sabrina Del Gaone: Dirigente Scolastica dell’I.I.S. V.Moretti, Alessandra Di Pietro: Dirigente Scolastica IPSSEOA De Cecco e tantissimi altri gli amici.

3 APPUNTAMENTI SPECIALI
• Il ricordo di Peppino Impastato con l’intervista esclusiva al fratello Giovanni
• Il ricordo del XXVIII Anniversario della Strage di Capaci
• Il ricordo del XXVIII Anniversario della Strage di Via D’Amelio

I NUMERI 370.000 visualizzazioni
(Sito Ufficiale http://www.premioborsellino.com e canali Social)

1200 MINUTI di Informazioni inedite e attuali che il Premio rende disponibile a Docenti e Studenti di tutte le scuole d’Italia attraverso il portale:
www.officinalegalità.it (area riservata)

Con questi presupposti, parte la II Edizione di Officina Legalità quale strumento didattico per l’Anno Scolastico 2020/2021 per la promozione della Cultura della Legalità.
Grazie al Miur e alle tante collaborazioni istituzionali che contribuiscono a sensibilizzare la società civile, il Premio Nazionale Paolo Borsellino vuole continuare ad ampliare l’offerta formativa per i prossimi anni scolastici, appunto, abbracciando anche la Rete.

In prospettiva del nuovo Anno Scolastico 2020/2021, il Premio mette a disposizione gratuitamente tutto il materiale del progetto “Officina Legalità”, costantemente aggiornato attraverso una piattaforma multimediale web streaming: www.officinalegalità.it (area riservata), con accesso consentito a tutto il personale didattico, a supporto del programma di Educazione Civica, reso obbligatorio.


Istruzione di accesso:
• CLICK:  www.officinalegalità.it 
- DATI ACCESSO
REGISTRAZIONE
• PIATTAFORMA MULTIMEDIALE
• Filtri di ricerca
• Riferimenti scolastici – Personalità

A disposizione dei docenti, tutti i video sono supportati da un’unità didattica da svolgere in CLASSE o in DAD


II Edizione Officina Legalità

40 INTERVISTE

3 APPUNTAMENTI SPECIALI
Il Ricordo del XLIII Anniversario di Peppino Impastato
Il Ricordo del XXIX Anniversario della Strage di Capaci
Il Ricordo del XXIX Anniversario della Strage di Via D’Amelio

I NUMERI
700.000 visualizzazioni (Sito Ufficiale http://www.premioborsellino.it, canali Social e Portale Dedicato: www.officinalegalità.it (area riservata)

XXV Edizione Premio Nazionale Paolo Borsellino

Dal 23 al 30 Ottobre 2020
Rassegna di incontri, presentazione di libri, proiezioni di film.
Secondo le modalità che ci saranno concesse per le restrizioni Covid-19

30 Ottobre 2020
CERIMONIA DI PREMIAZIONE
Teatro Circus di Pescara
Secondo le modalità che ci saranno concesse per le restrizioni Covid-19

“Vogliamo dedicare il nostro impegno ai tanti studenti che ci hanno dedicato parte del loro tempo e che mai, come questo momento, hanno avuto la forza di mettere a disposizione della collettività le loro più grandi risorse per il bene di tutta la società civile”.

CHI UCCISE IL PROCURATORE MARIO AMATO

Stessi esecutori, forse gli stessi mandanti. Il 23 Giugno 1980, il Magistrato Mario Amato viene assassinato dai NAR a soli 43 anni, mentre è in attesa dell’autobus che lo dovrebbe portare in Tribunale.

Indagava sui terroristi neri e aveva intuito l’intreccio occulto in cui maturò la strage di Bologna. Dava fastidio ai superiori e non fu protetto. Il 23 giugno di 40 anni fa i Nar gli spararono alla nuca e per l’Italia fu l’inizio dell’estate più tragica della storia repubblicana. Oggi all’Eur, nel punto in cui fu ucciso a Roma, il 23 giugno di quarant’anni fa, c’è una stele di pietra della Maiella intitolata Grido al cielo, scolpita dallo scultore Antonio Di Campli, raffigura il passaggio dalla vita terrena a quella spirituale.

Quella mattina alle otto il giudice Mario Amato salutò la moglie Giuliana e i figlioletti Sergio e Cristina e uscì d­i casa per prendere l’autobus in viale Jonio. Lo attendevano due terroristi della sigla neofascista Nar. Gilberto Cavallini gli sparò alla nuca, poi fuggì su una Honda guidata dall’allora minorenne Luigi Ciavardini.

Per l’Italia fu l’inizio dell’estate 1980, la più tragica della storia repubblicana, con la strage dell’aereo DC-9 nei cieli su Ustica (27 giugno), 81 morti, e la strage della stazione di Bologna (2 agosto), 85 morti, il più grave atto terroristico del dopoguerra. Per il giudice, fu la fine tragica di tre mesi di calvario: pressioni, avvertimenti, minacce, ad opera di quelle istituzioni che avrebbero dovuto proteggerlo e che invece lo abbandonarono. Il suo delitto è strettamente intrecciato alla strage di Bologna. Stessi esecutori, forse gli stessi mandanti. Una scia di sangue in un solo disegno eversivo e anti-democratico.

Il Procuratore Amato fu tradito da uomini dello Stato. Fu alto tradimento.

Sergio Amato, un uomo di 46 anni, fiero, con gli occhi appassionati identici a quelli del padre, non ama l’iconografia emotiva del delitto, come la foto della scarpa bucata sotto il lenzuolo che copriva il cadavere. Come in un passaggio di testimone, la ricerca del padre è diventata la sua. Cita a memoria gli atti giudiziari che riguardano l’omicidio del giudice: carte ingiallite, gli appunti a mano sull’agenda con la penna blu, rossa e verde, le relazioni battute a macchina, con le richieste di rinforzi che non arriveranno mai e una convinzione inflessibile. “Ritengo di dover tutelare non solo la mia dignità, ma anche quella della funzione che esercito”, disse al Consiglio superiore della magistratura dieci giorni prima di essere ucciso. Incaricato dalla Procura di Roma di indagare sulla destra eversiva e sui legami della stessa con la Banda della Magliana e la malavita camorrista, Amato venne lasciato solo dai suoi superiori nella sua difficile missione e soprattutto gli venne negata la protezione che gli avrebbe evitato il destino in cui incorse.

Chi uccise questo magistrato onesto, professionale, scrupoloso, coraggioso, un uomo molto lontano dai clamori e dalle luci della ribalta mediatica tipici del Tribunale di Roma. Amato stava andando al lavoro a piazzale Clodio con l’autobus, perché l’auto blindata, che aveva richiesto occupandosi di indagini “a rischio”, gli era stata negata con la burocratica giustificazione che gli autisti sarebbero stati disponibili soltanto a partire dalle 9 di mattina, mentre Amato era uso essere al lavoro al Tribunale già alle 8. Dopo il suo omicidio, al Tribunale furono assegnate trecento vetture blindate e il Procuratore Generale Giovanni De Matteo, che lo aveva lasciato di fatto solo nel suo lavoro d’indagine, fu inquisito dal Consiglio Superiore della Magistratura, che lo trasferì ad altro incarico presso la Corte di Cassazione. Amato ebbe incarico dal Procuratore Generale Giovanni de Matteo di riprendere le indagini avviate dal magistrato Vittorio Occorsio, che era stato ucciso mentre indagava sul gruppo di destra eversiva dei NAR e sul neofascista Pierluigi Concutelli (le indagini dimostrarono successivamente che fu proprio il Concutelli l’autore dell’omicidio Occorsio). Amato ebbe allora la promessa – mai mantenuta – di essere affiancato da un gruppo di colleghi. Ma ciò non avvenne mai.

Con Vittorio Occorsio, Mario Amato fu il primo magistrato a tentare una “lettura globale” del terrorismo. Attraverso i parziali successi delle indagini su singoli episodi terroristici disse davanti al Consiglio Superiore della Magistratura il 13 giugno 1980 – solo dieci giorni prima di essere ucciso : “sto arrivando alla visione di una verità d’assieme, coinvolgente responsabilità ben più gravi di quelle stesse degli esecutori materiali degli atti criminosi.” Amato riuscì a ricostruire le connessioni tra destra eversiva e Banda della Magliana e intuì i legami tra massoneria, sottobosco finanziario, economico e potere pubblico. Fu però lasciato solo a svolgere queste indagini, isolato dai suoi superiori e oggetto di continui attacchi da parte del collega giudice Antonio Alibrandi (padre del terrorista dei NAR Alessandro e fedelissimo di Giusva Fioravanti).

In una Procura della Repubblica che sarà poi chiamata spesso dalla stampa, riprendendo il titolo di un’opera di Georges Simenon, “Il porto delle nebbie”,  Amato era destinato ad entrare presto così nel mirino della destra eversiva e terroristica. Il terrorismo nero fu da lui perciò indagato nella più sconsolante solitudine e solo rimase fino alla mattinata del 23 giugno 1980 poche settimane prima della Strage di Bologna. Mentre attendeva un autobus alla fermata posta all’incrocio tra Viale Jonio e Via Monte Rocchetta, il sostituto procuratore fu raggiunto alle spalle da Gilberto Cavallini che gli esplose alla nuca un colpo di rivoltella fatale, per poi fuggire con una motocicletta che lo aspettava, alla cui guida era l’altro NAR Luigi Ciavardini.

 

Luigi Savina e il Premio Nazionale Paolo Borsellino

Luigi Savina, Presidente della XXIV Edizione del Premio Nazionale Paolo Borsellino.

 

Abruzzese, Vice Capo della Polizia di Stato con funzioni vicarie dal 15 febbraio 2016.

Entrato in amministrazione nel 1980, dal 1994 al 1997, ha diretto la Squadra Mobile della Questura di Palermo, dal 1997 al 1999, il centro interprovinciale Criminalpol di Napoli.

Nel 1999, ha assunto le funzioni di Vicario del Questore di Pescara. Nel 2000 prima una missione in Albania come capo contingente della Polizia di Stato, da ottobre ha diretto la Squadra Mobile di Milano, nell’agosto 2008 ha assunto le funzioni di questore di Padova. Nominato Dirigente Generale di Pubblica Sicurezza, ha assunto le funzioni di Questore di Milano.

E’ stato nominato Prefetto, assumendo contestualmente l’incarico di Vice Direttore Generale della Pubblica Sicurezza con funzioni vicarie.

Luciano Costantini, il magistrato che lavorò a Marsala a fianco di Paolo Borsellino

Luciano Costantini: “avevo voglia di sapere dove avrei trascorso i prossimi anni della mia vita, ma soprattutto morivo dal desiderio di conoscere Paolo”.

Un giorno, parlando dell’associazione per delinquere di stampo mafioso, il discorso cadde sul significato di omertà. A un certo punto Paolo mi disse: Sai cos’è l’omertà? E’ quando io interrogo Paolo Borsellino e gli chiedo se si chiama Paolo Borsellino, e lui mi risponde: questo non glielo posso negare”. Una risposta geniale, che meglio di ogni cosa sapeva spiegare il tratto caratteristico più deteriore della mafia: quello di rifiutare pervicacemente l’autorità dello Stato.

Negli anni delle stragi mafiose da tutta Italia un gruppo di magistrati giovani come Caselli Torino, Bocassini – Milano, Ingroia – Palermo, Nardella – Perugia, meno giovani come Antonino Caponnetto – Firenze, e tanti altri meno famosi, fecero richiesta per essere trasferiti negli uffici giudiziari siciliani dove i magistrati morivano sotto i colpi della mafia. Uno dei giovani che decisero di andare a lavorare con “i cadaveri che camminano” fu Luciano Costantini.

Luciano Costantini, classe 1962, dal 1991 al 1994 ha svolto le funzioni di sostituto procuratore della repubblica presso il Tribunale di Marsala (TP) con applicazioni alla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo.

Dal 1995 al 2004 ha svolto le funzioni di sostituto procuratore della repubblica presso il Tribunale di Pistoia con applicazioni alla Direzione distrettuale antimafia di Firenze. Dal 2005 al 2015 ha svolto le funzioni di giudice presso il tribunale di Pistoia prima nella sezione civile e dal 2007 nella sezione penale. Dal 29 settembre 2015 è presidente della sezione penale del Tribunale di Siena.

Si è occupato, e si occupa tuttora, di insegnamento, presso l’Università di Siena e di Firenze e presso la Scuola di Formazione Forense “Cino da Pistoia” su temi di diritto penale e di procedura penale.

Tina Montinaro, fare memoria non vuol dire solo ricordare

Tina Montinaro si reca spesso nelle scuole italiane per trasmettere agli studenti la memoria di quella strage, quella di Capaci, che 27 anni fa costò la vita a suo marito Antonio Montinaro

Il Premio Nazionale Paolo Borsellino, che racconta anche la storia di donne che, attraverso il loro impegno, hanno dimostrato un’azione concreta contro la “Malavita” organizzata ma non solo contro ogni forma d’ingiustizia, ha voluto premiarla perché Tina Montinaro oggi è un testimone istituzionale di quel giorno che cambiò per sempre le coscienze del nostro Paese verso quel fenomeno di criminalità organizzata, meglio conosciuto con il termine mafia.

Angiolo Pellegrini, l’uomo di Falcone

Palermo, gennaio 1981, il capitano Angiolo Pellegrini assume il comando della sezione Anticrimine dell’Arma dei Carabinieri, la mafia tiene la Sicilia sotto scacco.

Unica speranza, un giudice che con alcuni colleghi ha fatto della lotta alle cosche la sua missione: Giovanni Falcone. Ha bisogno però di uomini fidati che portino avanti le indagini.

E Pellegrini non si tira indietro: mette insieme una squadra di fedelissimi e va a infilare il naso dove nessuno ha mai osato, guadagnandosi l’amicizia e la stima del magistrato.

Angiolo Pellegrini, oggi Generale dell’Arma dei Carabinieri, è stato comandante della sezione antimafia di Palermo dal 1981 al 1985. Come uomo di fiducia del Pool, ha portato a compimento le più importanti indagini nei confronti di Cosa Nostra. E’ stato insignito del Premio Borsellino nel 2018. Da allora è uno degli amici più stretti del Premio girando le scuole con la sua testimonianza di uomo dello Stato.

Don Aniello, una voce per il Premio

Don Aniello Manganiello per sedici anni è stato la voce di Scampia.

Negli anni più duri, negli anni delle stese e della mattanza tra bande camorriste è stato lì per sottrarre manovalanza alla piazza di spaccio più grande d’Europa. Usando talvolta anche comportamenti duri per combattere la malavita, ad esempio si è rifiutato di dare la comunione ai camorristi, segnando così la differenza tra religione vera e superstizione propria di certi boss. A tanti di loro, però, Don Aniello ha donato una seconda possibilità.

L’eco della sua missione risuona tuttora per le strade di un quartiere che, oggi, è riuscito a riappropriarsi della sua dignità e della sua bellezza. Tra le ‘vele’ di Scampia infatti soffia un vento di libertà grazie anche alle associazioni che sul territorio fanno rete con le Istituzioni, e, quindi, con la parte sana della città, continuando a portare avanti un grande braccio di ferro con la camorra. Dal 2010 è Garante del Premio Nazionale Paolo Borsellino.