“Signora, suo genero era un funzionario integerrimo, lo aggiungerei per richiamare la frase che viene citata dopo, una brava persona, limpida e senza ombre, tanto da non consentirci di rintracciare indizi dai quali partire per risolvere il caso”. Queste poche, sconsolate parole, pronunciate da un investigatore, mia nonna Amelia le ha custodite per lungo tempo. Una frase che preannunciava la sconfitta di fronte ai criminali. Le ha conservate intatte fino all’inizio del 2006, quando io, giovane e ribelle, poco più che ventenne, comincio a farle domande durante le serate casalinghe riscaldate dalla fiamma del camino. Mentre ci stringiamo in quell’affetto mai venuto meno dopo l’addio alla Locride, unico motore che ci ha sospinti verso un futuro possibile, vengono a galla frammenti di storia, pezzi di memoria, schegge di verità. Il paradosso dell’onestà: la difficoltà di giungere alla verità giudiziaria a causa della vita senza ombre di mio padre è una delle confidenze dolorose consegnatemi da mia nonna. Me la porterò dentro per sempre. Una ferita profonda inferta dalla rinuncia. Forse è per questo che conoscere quell’ufficiosa dichiarazione di resa della giustizia, quell’ammissione dell’incapacità di risolvere il caso è stata per me la scintilla decisiva. Il giorno seguente non ho più dubbi e mi convinco che c’è solo una strada da percorrere: ridare dignità, costi quello che costi, alla memoria di mio padre. E attraverso di lui a tutti gli onesti, i giusti, gli integerrimi, vittime della lupara e dell’indifferenza della collettività, colpevole quanto le mafie di avere regalato le loro storie nel freddo scantinato della dimenticanza”.
Da quando ho lasciato la calabria l’estate si è caricata di attese, è diventata il periodo dell’anno in cui è come se viaggiassi a ritroso nel tempo. La stagione dei ricordi, quella in cui mi concedo all’abbraccio degli amici di sempre. Quando vivevo a Bovalino, l’estate era solo una stagione più calda durante la quale le strade del paese si affollavano di emigrati tornati nella nativa Locride per le vacanze. Non è più così da quando Modena mi ha adottato. Già a maggio pregusto i giorni che trascorrerò sotto la tettoia di canne, scrigno di momenti felici, di sogni, di malinconie”. Nelle pagine del libro di Giovanni Tizian, ci sono i volti di una Calabria dimenticata. Quella che assapora in silenzio il gusto dell’omertà, ma anche di una terra che resiste e si ribella, fatta di sogni di legalità.
http://www.huffingtonpost.it/2013/03/20/la-nostra-guerra-non-e-maifinita_n_2915648.html